Violenza sugli anziani: la parola al geriatra Franco Tanzi



D: Perché gli anziani sono toccati dalla violenza?
R:
Gli anziani, come altre categorie di persone (in particolar modo i bambini e gli handicappati), sono particolarmente vulnerabili sia per una naturale diminuzione delle capacità di difesa e di fuga, sia anche per uno scadimento delle funzioni mentali che ne fanno delle vittime privilegiate per raggiri e circuizione a scopertine/copo economico. Per quanto riguarda la diminuzione delle forze e della mobilità si può ben dire che nel caso in cui un anziano dovesse reagire di fronte ad un aggressore rischierebbe di subire una violenza ancora maggiore.


D: Dove si svolgono questi atti di violenza?
R:
Gli episodi di violenza possono essere suddivisi fra aggressioni sulla pubblica via, abusi al domicilio e da ultimo cattivi trattamenti o trascuratezza in istituzione.

Le aggressioni sulla pubblica via generalmente sono dei reati di diritto comune, si svolgono sulla strada o sulle scale di casa, toccano in particolar modo le donne anziane e portano come grave ripercussione psichica il rischio di claustrazione, cioè di chiusura in casa, e un sentimento di sfiducia generale verso la società, con facile insorgenza di fatalismo e disperazione. Questi episodi a volte conducono a gravi conseguenze fisiche, a seguito di caduta con rischio di frattura e quindi di ospedalizzazione. La famiglia dell'anziano vive questa violenza spesso in modo colpevole sentendosi responsabile della condizione di solitudine che spesso è il presupposto per queste aggressioni.

Le sevizie domestiche sono messe in atto generalmente da parenti, amici, vicini di casa, raramente da parte del personale socio sanitario professionale. Si stima che fino al 20% degli anziani ha subito una volta una violenza ma si sa che nella stragrande maggioranza dei casi si è trattato di situazioni di esasperazione del curante domestico, magari a seguito di un disturbo del comportamento dell'anziano nell'ambito di una malattia demenziale. Anche una persona della famiglia animata dei migliori sentimenti, soprattutto se costantemente confrontata con comportamenti aggressivi e irritanti (incontinenza, scarso rispetto delle norme di igiene, opposizione ad ogni cura, ...), può perdere la pazienza e reagire impulsivamente, per esempio con vie di fatto oppure con misure limitative della libertà o, ancora, con una somministrazione esagerata di calmanti. In questo caso la migliore prevenzione passa attraverso l'alleggerimento del carico assistenziale per il tramite di soggiorni temporanei di sollievo in un'istituzione o con il ricorso ai centri terapeutici per il ricovero diurno di anziani gravemente malati, due o tre giorni la settimana. Le vere, rare violenze di cui sono stato testimone a domicilio si sono prodotte nell'ambito di un cattivo rapporto dell'anziano con il coniuge o con i figli ove spesso l'alcool è protagonista e funge da molla per sevizie morali (minacce, insulti, privazione di affetto e di sicurezza) o fisiche (spintoni, colpi, contusioni).

La violenza che insorge in istituzione generalmente scaturisce dalla somma di numerosi fattori sinergistici fra di loro, quali un comportamento aggressivo del paziente, una scarsa capacità di tolleranza del curante in un cattivo ambiente di lavoro e, non da ultimo, un'insufficiente formazione professionale. I maltrattamenti generalmente non sono casuali. Molto spesso è difficile ricostruire la realtà dei fatti: vuoi perché l'anziano vittima della violenza non è in grado di riferire correttamente quanto ha vissuto, d'altra parte anche per il muro di silenzio che spesso si eleva tra il personale.

Nelle istituzioni accanto ai maltrattamenti attivi non possiamo tacere il rischio di trascuratezza per insufficiente stimolazione o animazione dell'anziano, il rischio di immobilizzazione a letto o in poltrona e l'inutile sedazione farmacologica. D'altra parte sono ben noti i casi di trascuratezza medica, in prima linea la scarsa considerazione per i disturbi del malato (attribuiti unicamente all'età) e l'insufficiente interesse per la persona. In questi casi di violenza per negligenza la scarsa formazione geriatrica del personale è ritenuta essere la maggior responsabile.


D: Quali mezzi per la prevenzione e la repressione?
R:
I gravi episodi di violenza, e in particolar modo tutte le aggressioni sulla pubblica via, sono di pertinenza del diritto pubblico e vanno evidentemente denunciati. Per quanto attiene invece la cattiva pratica geriatrica, rispettivamente le reazioni inconsulte, ma limitate, dei curanti il miglior modo per prevenirle è quello di informare le persone coinvolte di questo rischio e portandole alla conoscenza dei quei fatti che eventualmente fossero avvenuti, valutando insieme cause e circostanze implicate. Per quanto attiene la violenza domestica come già ricordato la messa a disposizione di strutture di alleggerimento (centri diurni terapeutici e soggiorni temporanei di sollievo) rappresenta la soluzione migliore insieme ad una corretta distribuzione degli oneri terapeutico assistenziali fra i familiari e il personale curante professionale.

Nelle istituzioni è necessario affrontare il problema a livello di équipe in particolar modo mettendo a disposizione una persona formata che provenga dall'esterno e che sappia far esprimere il personale indicando, senza colpevolizzare, la migliore soluzione al problema.

In conclusione, fatta eccezione dei gravi episodi di violenza che sono di pertinenza del procuratore, tanto i familiari che accudiscono gli anziani a domicilio quanto il personale delle istituzioni non devono sentirsi colpevolizzati oltre misura di sentimenti e gesti puramente reattivi. Al contrario devono poter beneficiare di occasioni di formazione e di sfogo che li rendano coscienti e responsabili delle difficili situazioni in cui sono chiamati ad operare. Per queste ragioni gli ospiti degli istituti per anziani non si sentono minacciati né esposti agli episodi di violenza sopra descritti episodi che rappresentano l'eccezione all'interno dei servizi e delle strutture a loro disposizione. Anzi: gli anziani, per quanto possibile, devono collaborare con i curanti alla ricerca della migliore qualità delle cure, cure che generano qualità di vita tanto per i pazienti quanto per il personale.